CONTRO LA FRAGILITA’ DELLE AREE INTERNE UN PATTO SULLE VISIONI

Di Michele Lastilla -coordinatore Patto territori benessere integrato e sviluppo sostenibile

 

Il dibattito aperto dal Direttore Oscar Iarussi sulle pagine della Gazzetta del Mezzogiorno, merita attenzione perché cade nel bel mezzo di una discussione, quella della autonomia differenziata, che pone riflessione e approfondimento ma anche responsabilità e impegno civico. Bisogna non solo capire quale è la posta in palio e cosa la politica ricerca ma farsi spazio nel dibattito mettendo in campo argomenti e temi che diano valutazioni a più voci in una fase in cui non sembra essere questa la priorità da affrontare nel Paese.

Il tema delle aree interne e delle conseguenti azioni di sostegno ad esse collegate come la cosiddetta strategia SNAI, ci fa intendere come è ormai aperta la questione di un paese che non riconosce la propria identità e coesione, come un valore che tine insieme le tante differenze e peculiarità locali, guardando in modo strabico da una parte un paese che rappresenta realtà assai diverse, non omogenee per infrastrutture, salute, cultura e scuola e che marcia in modo significativo verso due evidenze che sono sotto gli occhi di tutti: l’invecchiamento della popolazione  e lo spopolamento .

A questo aggiungiamo oggi il tema generale del cambiamento climatico che impone davvero una riflessione sul modello di sviluppo e le sue conseguenze.

Dunque fragilità delle comunità e dei territori nel Mezzogiorno e la necessità di progettare lo sviluppo attraverso forme di cooperazione fra istituzioni a più livelli, imprese e terzo settore.

Di questi temi se ne è parlato a fine maggio a Matera in un seminario organizzato dalla RETE dei Comuni associati in Ricerca e Innovazione della Basilicata (guidata da San Fele (Pz) a cui hanno partecipato la RETE dei comuni della Puglia con Gioia del Colle capofila, e ancora le aree interne di Avellino (Sant’Angelo dei Lombardi), Napoli-Penisola Sorrentina (Vico Equense), Abruzzo con l’area dei comuni fra l’Aquila e Avezzano. Una rappresentanza di oltre 100 comuni che hanno visto nella possibilità di intendere e volere condiviso la possibilità di poter provare a incidere sulle politiche pubbliche regionali, statali ed europee fuori da “luoghi comuni” ma mettendo i piedi nel piatto dei problemi.

Il tema è stato proprio quello di riflettere e approfondire il tema delle fragilità territoriali collegate a quelle delle comunità locali e della necessità di ritrovare una filo conduttore che piuttosto di relegare queste aree come “interne” si possa parlare di “aree fragili” che sono presenti ad esempio non solo sugli Appennini    ma in tante aree metropolitane e aree costiere del nostro Paese.

Uscire dallo stereotipo delle etichette, a volte confezionate, ad uno storytelling narrativo retorico, che portano ad azioni settoriali e non integrate dello sviluppo locale /territoriale che servono di fatto tagliare a fette il paese fra aree o città metropolitane e aree interne.

Il seminario introdotto dalla prof.ssa Filomena Maggino docente di Statistica alla Sapienza a Roma e già coordinatrice della “Cabina di Regia Benessere Italia” a palazzo Chigi, tra le massime autorità scientifiche nel campo della ricerca  sugli indicatori per lo sviluppo adottati dall’ISTAT e poi ancora dagli interventi del prof Vito Peragine  della Università degli Studi di Bari  e presidente del NVIPP della Regione Puglia, dal presidente di ISMEA ,dalla assessora al Welfare Rosa Barone della Regione Puglia , il comune di Matera ,da sindaci e amministratori locali ed esperti come Savarese, Ponticelli, Monti, Marino, Giove, il contributo fondamentale di associazioni datoriali come la Cna Basilicata con il presidente Montemurro, Lega Coop Basilicata con la vicepresidente Salvia e con il Forum del Terzo settore di Basilicata e Puglia .

Insomma uno spaccato dell’Italia che esiste e che, con fatica, cerca quotidianamente di affrontare e provare a risolvere i problemi che le loro comunità hanno, proponendo una lettura della realtà diversa  e indicando una prospettiva che passa attraverso un protagonismo nuovo  delle amministrazioni locali, delle comunità guardando  al tema della ricerca di un Benessere integrale delle persone ovunque esse si trovino misurato non sul PIL prodotto ma da indicatori di Qualità della vita (BES) che rivedono le prospettive di tenuta di quei territori in una ottica di collaborazione e di rete, di messa a sistema di servizi e attività  comuni , di cooperazione fra pubblico e privato sociale che dia gambe sulle quali generare impresa sociale ,culturale ,creativa, collaborativa e  più in generale azioni di coesione territoriale e sociale.

In questa prospettiva è stato sottoscritto  un Patto dei Territori e delle Comunità per il Benessere integrato e lo Sviluppo equo e sostenibile , un patto aperto d altri territori dal Molise alla Calabria, che ha messo al centro una piattaforma tematica: dalla diseguaglianza territoriale, alla povertà educativa, al tema della salute visto in modo sistemico e alla necessità di  nuovi stili di vita  collegata alla  alimentazione e  al cibo, dal lavoro alla impresa, alla rigenerazione territoriale collegata alla mitigazione climatica  che non è solo l’intervento di salvaguardia idrogeologico ma che risponda  ad una visione che ricostruisca  un Ecosistema che abbia cura della natura nella sua complessità. Questo richiede un cambio di paradigma, di sperimentare forme nuove di programmazione negoziata per superare politiche settoriali e spesso poco fruttuose sul piano dei risultati e affrontare le diseguaglianze territoriali che metta a terra importanti risorse a partire dal PNRR sino ai fondi strutturali dei FESR/FSE e del PSR.

Serve più collaborazione, più ascolto e partecipazione, capacità di creare una circolarità di esperienze che servano a fare rete e sistemi per condividere   buone prassi. Insomma immettere nel dibattito tutti gli attori della nostra democrazia per fasi che si esca dai soliti circuiti di dibattito e una asfittica visione delle questioni in campo.

E’ aperta una sfida culturale e sociale e non solo politica in cui siamo chiamati a dare un contributo per non restare ‘soli’ a parlare di aree interne ma per parlare ai cittadini e alle comunità del nostro Paese, al mondo delle istituzioni e della ricerca, alle imprese e al terzo settore, perché ci si impegni con metodo e con merito su queste questioni.